di Antonio Errico
Esperienza viene dal greco “pèiro” che significa passare, attraversare, e da “pèira”, tentativo, prova, esperimento. In latino “experior” vuol dire sperimentare, provare, conoscere per esperienza, affrontare, sapere.
Una società senza esperienza è superficiale: manca di quella stratificazione di concetti e di significati che consente di comprenderne la storia, le cause delle situazioni in cui si trova, degli effetti che quelle situazioni possono produrre, dei rimedi da adottare per risolverle.
Una società senza esperienza si ritrova a dover improvvisare giorno dopo giorno i modi per far fronte ai problemi che le si pongono da ogni parte. Ma le soluzioni improvvisate non sono mai durature, per cui poi i problemi si ripresentano con l’ulteriore peso delle mancate o inadeguate soluzioni, e accerchiano, e pongono l’assedio.
Allora si rivela necessario – indispensabile- recuperare l’esperienza.
Allora, talvolta, oltre che guardarsi intorno, è necessario saper guardare indietro. Ogni progresso da cui il presente trae vantaggio deriva dal passato. Sempre. Dalla memoria.
Non abbiamo più memoria. Né del passato lontano, né di quello vicino. Ci muoviamo in un presente che sembra sospeso nel vuoto, come se non avesse provenienza e neppure destinazione. La Storia, quella condizione che dovrebbe insegnarci a pensare e ad agire senza ripetere errori già fatti, non è che una vaga percezione di eventi casuali.
Abbiamo l’impressione che tutto quello che accade intorno a noi stia accadendo per la prima volta: nei fatti della politica, in quelli del sociale, nelle vicende dell’economia, negli eventi di ogni giorno, perfino nell’arte, nella letteratura, nella formazione.
Allora non siamo capaci di orientarci perche ci manca l’esperienza. Tutto quello che viviamo, i problemi con cui ci confrontiamo, i disagi che affrontiamo spesso assumono una fisionomia spettrale perché non abbiamo memoria degli stessi problemi, degli stessi disagi che altri hanno vissuto prima di noi, o che noi stessi abbiamo vissuto. E’ come se qualcosa ci avesse privato della coscienza del passato, e forse è così. Ma non è stato qualcosa, qualcuno a noi estraneo a privarci. Ce ne siamo privati da soli. Ci ha fatto buon gioco vivere stagioni in cui si pensava che la condizione di benessere ci chiedesse il prezzo di una rimozione del passato. Così quel prezzo lo abbiamo pagato. Per cui ci siamo ritrovati senza memoria e senza l’esperienza custodita dalla memoria. Non abbiamo memoria personale, non abbiamo memoria collettiva. Oppure ricordiamo soltanto quello che ci fa comodo, trasformandolo in atmosfera che ci spensiera, ci distrae dalla realtà, ci fa mitizzare una parte di passato e dimenticare tutto il resto.
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