di Enrica Bienna e Rita Bortone
I rischi di un curricolo integrato
Non è una disciplina, e non possiede uno statuto epistemologico indipendente: su questo sono categorici sia gli storici che i geografi, rivendicando ognuno la identità del proprio statuto disciplinare. Il termine, coniato da Braudel nel 1945 per prospettare un nuovo interesse della Storia per il paesaggio e in genere per la geografia nel suo complesso, nei documenti ministeriali (Indicazioni per i Licei, Geografia, primo biennio) compare una sola volta, ma l’ipotesi di un curricolo di Geostoria che unifichi le due discipline può apparire oggi una soluzione ai problemi posti dai nuovi quadri orari, dalla restrizione dei tempi (99 annuali, di cui due settimanali di storia ed una di geografia nel primo biennio), dal voto unico. E pertanto la geostoria è entrata subito nel lessico e nella prospettiva didattica della scuola. D’altra parte, anche l’invito delle Indicazioni alla unitarietà del sapere ed alla interdisciplinarità sembra rafforzare la prospettiva della collaborazione tra le due discipline, accomunate da categorie interpretative affini e da intrecci metodologici nell’approccio a numerosi problemi della contemporaneità.
Il discorso però non è privo di rischi: “La buona volontà di sviluppare percorsi comuni può naufragare in un mare di banalizzazioni, purtroppo favorite anche da alcuni manuali in commercio, che vendono per “Geostoria” una facile frittata fatta di storia con molto ambiente e di geografia fatta con molte sintesi storiche regionali”. Così problematizza infatti Cristiano Giorda, docente di didattica della Geografia presso l’università di Torino, che del tema si è occupato in convegni nazionali e al tema ha dedicato l’interessante contributo “Così vicine, così lontane: Storia e Geografia di fronte a un percorso comune nei curricoli scolastici. (http://aiig.it/documenti/rivista/2012/n2/n02_contr_giorda.pdf.)
Una riorganizzazione del curricolo in chiave geostorica non è dunque operazione di poco conto sul piano culturale, e dovrebbe provare la sua fondatezza epistemologica prima e pedagogico-didattica poi. Ci stanno comunque lavorando associazioni di insegnanti (Clio’92, e AIIG organizzano convegni sul tema – www.Clio92.it), esperti in didattica delle due discipline, case editrici.
Qui proponiamo intanto qualche riflessione, qualche dubbio, delle piste percorribili, in attesa di una proposta curricolare convincente da adottare.
PER CONTINUARE A LEGGERE QUESTO ARTICOLO DEVI ESSERE ABBONATO! Clicca qui per sottoscrivere l’abbonamento
Rosalie Porcella
nel primo biennio dei licei. Il mio collega aggiunse anche l’affermazione perentoria di «disciplina rabberciata» a suggello di una critica assoluta verso una materia che in quell’anno era di recente introduzione: la contrazione della Storia e della Geografia nel biennio dei licei a un’unica voce curricolare, con restrizione delle ore dedicate a queste materie (due ore di Storia e una di Geografia) avvenne infatti con la riforma Gelmini. potrebbe capire con cosa avessi a che fare: gia l’indice gli racconterebbe la giustapposizione della storiografia di un mondo stato, accanto alla geografia di un mondo che c’e e viceversa. Se poi dall’indice passasse a immaginare la prassi didattica di un anno intero, ora per ora, a cercare di far coesistere riscaldamento globale e PIL con guerre persiane e sacco di Roma, comprenderebbe senza troppa fatica l’innaturalezza di una disciplina cosi «rabberciata» come ebbe a sentenziare il mio collega, e quindi tutta la mia a quel punto legittimata difficolta.