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Editoriale Aprile 2014

Un nuovo venuto

di Antonio Errico

Qualche tempo fa, su “Repubblica”, Michel Serres, il filosofo ed epistemologo francese – di cui ricordo un saggio affascinante intitolato Il mantello di Arlecchino – ha scritto che, senza rendercene conto, nel tempo che va dagli anni Settanta ad oggi, è nato un nuovo essere umano. Che non ha lo stesso corpo o la stessa aspettativa di vita di chi è nato prima di lui, non comunica allo stesso modo, non percepisce lo stesso mondo, non abita la stessa natura e non si muove nello stesso spazio; al contrario, ha una testa diversa da quella dei suoi genitori e quindi procede nella conoscenza in maniera diversa. A questo nuovo venuto noi pretendiamo di dispensare  insegnamenti sulla base di schemi che risalgono ad un’epoca in cui non si riconosce.

Così dice Serres. Ponendo un problema di relazione esistenziale – e quindi culturale – tra generazioni diverse su cui da tempo – da almeno vent’anni – si riflette senza riuscire a trovare soluzioni, perché probabilmente non ce ne sono, ma realizzando quelle mediazioni che, nelle forme e nelle espressioni della cultura, sono le condizioni che evitano il trauma che blocca lo sviluppo.

Allora, c’è un ragazzo di quindici, sedici, diciotto anni; c’è un uomo di quaranta, cinquanta. Davanti a un computer l’uomo si smarrisce. Però conosce i classici greci e latini a memoria, e per tutta la vita ha frequentato biblioteche attraversando gli schedari con le dita. Oppure ha mani magiche che costruiscono mobili come monumenti, o riparano, con un sistema elettronico sofisticatissimo, il motore dell’auto che nottetempo, silenziosamente, si è fermata sotto un flagello di pioggia. Oppure ha i codici di legge nella mente e incanta nell’aula di un tribunale, o sa guarire una febbre anche se poi ha difficoltà a trasmettere il certificato on line.

Il ragazzo invece si muove nella rete con la rapidità e l’astuzia del dio Hermes. Ma della metis, dell’intelligenza di Ulisse, non sa niente, eppure gli servirebbe perché, in qualche modo, rassomiglia alla sua; non sa piantare un albero, distinguere l’erba dalla cicoria selvatica, eppure gli servirebbe, perché i casi son tanti, come dice a Pinocchio il Grillo Parlante; talvolta si disorienta camminando a piedi fra le strade del suo paese, anche se sa rintracciare sulle mappe di Google un luogo distante e sconosciuto.

Una diversa età comporta una diversa formazione, inevitabilmente. Semplicemente perché diverso è il vissuto. Ma una cultura è l’incontro di conoscenze, esperienze e competenze differenti. Questo, forse, è il nodo che occorre stringere: l’incontro tra le culture di generazioni diverse. Strutturare questo incontro, renderlo funzionale. Probabilmente il sapere degli uomini si è sviluppato così, attraverso l’integrazione delle sue forme, dei suoi alfabeti. Non si possono spiantare le strutture, sostituire i sistemi con i quali una mente procede per le strade della conoscenza. Occorre forse realizzare una sapienza degli incroci e degli innesti, coordinare le dita che sanno aprire un dizionario esattamente alla pagina dov’è la parola che cercano con quelle che si muovono come formiche sopra una tastiera.

Per tentare di decifrare e interpretare gli innumerevoli linguaggi con cui si esprime l’universo, per comprendere i suoi simboli, i suoi messaggi, occorrono pensieri compositi, integrati, multiformi. Perché aveva ragione Ludwig Wittegenstein quando diceva che i limiti del mio mondo sono i limiti del mio linguaggio.

 

One Comment

  1. Amanda
    20 Marzo 2015 at 01:56

    whou!! e8 veramente bilelssimo poter avere un computer a scuola dove puoi fare i compiti, le ricerche e tutto il necessario!complimenti alla maestra Paola ed ai suoi fantastici alunnix)(e8 gie0 la seconda volta che mi stupiscono). BRAVISSIMISSIMISSIMI!!!

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