• domenica , 22 Dicembre 2024

Rispettando la diversità

Annotazioni a margine di una lettera di un professore discriminato per il suo orientamento sessuale

di Fabio Scrimitore

Abstract

L’esperieza pluridecennale, avviata dalla Legge n. 477/1973 –  che ha chiamato i genitori a collaborare con la scuola per favorire il successo formativo degli alunni -, insegna che i migliori risultati si ottengono quando gli interventi della famiglia sono diretti a preservare la libertà di insegnamento che il Dirigente scolastico garantisce che sia espletata nel rispetto delle Indicazioni nazionali per il curricolo e delle Linee guida per il raggiungimento degli obiettivi specifici di apprendimento.

La lettera di un professore di italiano, storia e geografia ci riporta al tempo in cui, poco prima dell’inizio delle lezioni, la bidella versava l’inchiostro nel calamaio del robusto banco biposto di legno.

Durante la prova di dettato nell’aula della seconda elementare, la maestra passeggiava solennemente fra i banchi, con la riga di faggio nella mano destra; la sinistra reggeva il libro di testo, che poteva reggere senza sforzo alcuno, perché in quegli ormai  lontani anni Quaranta, i libri di testo delle elementari non erano così pesanti come lo sono oggi. Quando giungeva alle spalle del piccolo Gigi, la maestra gli batteva delicatamente la riga sulla mano sinistra, e subito la penna, dal pennino gocciolante di inchiostro, quasi fosse stata colta in flagrante, passava nella mano destra dello scolaro ed il dettato poteva continuare, con tutti gli alunni della classe omogeneamente destrorsi.

Oggi nella memoria non riaffiorano più lontani ricordi  di insegnanti elementari che possano essere stati redarguiti dal Direttore didattico per l’uso della riga di faggio nei confronti di alunni che stessero scrivendo con la sinistra; né ritornano alla mente immagini di genitori che avessero invocato sanzioni a carico di qualche insegnante che si fosse servito della riga di faggio, o di qualche altro espediente, per obbligare gli alunni a scrivere con la destra. Anzi, la mamma di Gigi non si stancava mai di ringraziare la maestra per la collaborazione che le offriva nel tentativo di convincere il figlioletto  a non scrivere più con la sinistra.

La riforma della scuola elementare del 1955 non ebbe soltanto il merito di allontanare gradualmente la dura riga di faggio dalle aule dei piccoli alunni ma, con l’aiuto dei nuovi programmi scolastici, contribuì anche a consolidare nei maestri e nelle maestre le nuove certezze offerte dalla ricerca scientifica, le quali svelarono che è il patrimonio genetico dei bambini, non la volontà, ad indurli ad usare la mano sinistra anzichè la destra. “Non per tutte le mamme, né per tutti i papà, fu facile applicare il nuovo orientamento educativo che andava affermandosi nelle aule scolastiche – confessò, un po’ di anni fa, il Dirigente scolastico d’un Istituto Comprensivo al suo Provveditore, compagno di studi accademici, in visita di cortesia  alla sua scuola –, almeno sino a quando, negli anni Cinquanta, la scienziata Rosalind Franklin non mostrò l’immagine fotografica della doppia elica del DNA ai suoi colleghi Crick e Watson, i quali, con le loro ricerche successive, accertarono che sono ben tre miliardi le particelle azotate che compongono il genoma umano, ricevendo così, per questa storica scoperta, il premio Nobel. Sono troppe le replicazioni del DNA che avvengono nella cellula umana in un brevissimo spazio di tempo perché non vi si possano verificare errori di copiatura del DNA  che producono mutazioni nel genoma e, in definitiva,  fanno evolvere la specie umana di generazione in generazione.

Lo devo ad una di queste mutazioni, avvenute chissà da quante generazioni -. continuò, il Dirigente scolastico – se, venti anni or sono, mi son sentito dire dal radiologo che,  senza alcuna colpa, da parte mia o di coloro che mi hanno generato, ho gli organi interni tutti in posizione inversa rispetto a quella che hanno gli stessi organi nella maggior parte delle persone; il mio cuore è posizionato a destra del torace ed alla destra del mio addome ho il fegato. E nessuno, fra i medici che mi hanno avuto in cura, se ne è meravigliato più di tanto, né, ovviamente, io me ne sono fatto un cruccio”.

Invece, a causa di una di queste mutazioni genetiche, e non per sua negligenza, Gigi, il piccolo alunno di seconda elementare degli anni Quaranta, potè conoscere quanto sa di sale   lo scrivere con la mano sinistra, invece che con la destra, ricevendo i fastidiosi colpettini della riga di faggio della sua anziana maestra, che, poveretta!, era venuta al mondo qualche decennio prima che nel laboratorio di chimica dell’Università di Cambridge, il 28 febbraio 1953, Crick e Watson togliessero il fitto velo che, da millenni, nascondeva la doppia elica del DNA.

Ben diversa è la situazione del Dirigente  della scuola nella quale insegna l’autore della elegante lettera sopra citata, il quale, per esercitare una delle professioni che richiedono il possesso aggiornato di un patrimonio culturale che spazia fra tutte le  discipline che compongono il piano di studi della scuola, e non soltanto per aver eventualmente frequentato le aule ed i gabinetti scientifici delle facoltà universitarie di biologia, sa bene che il genere, gli organi vitali e gli orientamenti sessuali delle persone sono determinati dalla struttura del genoma; quel Dirigente saprà altrettanto bene che i comportamenti che le persone assumono nelle loro relazioni sociali ne sono effetti diretti e che la Costituzione repubblicana esige che la società consenta a tutti i cittadini di poter concorrere, in condizioni di parità, alle diverse funzioni della vita sociale, indipendentemente dalle diversità delle condizioni personali indotte dal loro orientamento sessuale ed escludendo ogni forma di discriminazione.

“Spesso – concluse il Dirigente scolastico – mi tornano in mente le immagini dei passi lentamente sinuosi d’un giovane operaio edile che scendeva  lungo la stradicciola di tufo e di ghiaia, la testa  flessa in avanti e gli occhi sfuggenti rivolti ora a destra ora a  manca, attenti ad evitare gli sguardi  inclementi di ragazzi vocianti, con lazzi che irridevano il suo  diverso modo di percepirsi sessualmente. Ha vissuto per anni dimesso e nascosto quel giovane, ed è morto quasi alle soglie della maturità, senza vedersi mai accolto dalla società del tempo.

Quel ricordo riporta alla memoria l’impegnativo esametro virgiliano Sunt lacrimae rerum, et mentem mortalia tangunt;  è la realtà stessa che spesso geme e si ribella, vien da ripetere con Enea che, in attesa di Giunone, piange davanti alla tragedia della sua Troia, raffigurata nel tempio di Cartagine.  E quelle lacrime commuovono non soltanto i cuori, ma anche la mente”.

Così come torna in mente il ricordo d’un Dirigente scolastico, non più in servizio, che non ha mai permesso che i suoi dipendenti gli si rivolgessero  con il titolo di dirigente perchè preferiva quello originario di preside, che riteneva più adeguato allo status  funzionale di primus inter pares della comunità educante e meglio corrispondente alla missione professionale di chi è chiamato a coordinare le funzioni di insegnamento che, per loro natura, non ammettono d’essere eterodirette. Non usava convocare  in presidenza gli insegnanti individualmente, ma, quando aveva bisogno di interloquire con qualcuno di essi, anche nel contesto di un procedimento pre-sanzionatorio, preferiva incontrarlo in sala professori, e, nei casi urgenti, in aula.

Al genitore d’un’alunna di quinta elementare, il quale, ritenendo che  l’ abitudine ad usar la logica, propria della sua professione di magistrato giudicante, fosse garanzia di fondatezza delle censure che egli stava rivolgendo ad una delle insegnanti della figliola, il Preside obiettò che la professione docente non si fonda sulla mera riproposizione di prassi già sperimentate, ma sull’esercizio di argomentazioni logiche, supportate da solide conosenze. Inducendo così il suo immodesto interlocutore ad addivenire a più miti consigli.

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