di Fabio Scrimitore
Patrizio Bianchi, Ministro dell’Istruzione, ha recentemente partecipato in videoconferenza al Global Education Meeting 2021 dell’Unesco, a margine dl un forum politico sullo sviluppo sostenibile.
Fra i temi posti al centro dell’incontro vi era la proposta di “migliorare e rendere più efficiente il meccanismo di cooperazione globale per l’istruzione, con l’obiettivo di favorire il percorso di avvicinamento all’obiettivo n. 4 dell’Agenda 2020. Questo obiettivo si rivolge ai responsabili dei sistemi educativi nazionali, esortandoli a “garantire un’istruzione di qualità inclusiva ed equa e di promuovere opportunità di apprendimento continuo per tutti. La comunità internazionale ricorda l’importanza di un’istruzione e di una formazione di qualità per migliorare le condizioni di vita delle persone, delle comunità e delle società”.
“In un tempo di trasformazione sociale come quello in cui stiamo vivendo – ha commentato il Ministro –, dobbiamo ripensare la scuola. Sapendo che non esiste una soluzione solo nazionale: uscire dalla pandemia è un’azione collettiva. C’è un duro e lungo lavoro che ci aspetta insieme ai governi di tutti i Paesi. E l’’Unesco deve operare per questo sforzo comune”.
A conclusione della lettura delle proposizioni appena trascritte, il Dirigente scolastico di un liceo delle scienze pedagogiche ha fatto spallucce. Poi si è rivolto al professore incaricato delle funzioni strumentali per l’orientamento scolastico che si intrattiene con lui in presidenza ogni mattina, rivelandogli il senso di quel suo far spallucce. Gli ha spiegato, in sostanza, che egli non sopporta più la rituale sequenza delle dichiarazioni programmatiche che si riconcorrono da anni nei diversi meeting sovranazionali e nazionali sulla formazione scolastica. A suo dire, quelle dichiarazioni si concludono sempre con l’indicazione di obiettivi che integrano le grandi mete educative e formative che i protagonisti di quei meeting hanno proposto in passato ai sistemi scolastici nazionali, con la conseguenza scontata che non se ne vedono che pallidi effetti sia sulla didattica d’aula, sia sulla qualità degli apprendimenti degli studenti.
Da appassionato ex professore di fisica, il Dirigente ha proposto un singolare parallelismo tra fisica e scuola. Da una parte, egli ha considerato il mondo dei corpi macroscopici dotati di discreta massa, che è segno dei fenomeni che sono sotto i nostri occhi e le cui leggi permettono di prevederne con certezza le dinamiche; dall’altra parte, ha richiamato il mondo delle particelle sub-atomiche, le cui stranissime relazioni dinamiche sono caratterizzate esclusivamente da criteri probabilistici.
I due mondi sembrano convivere armonicamente.
Ma, nonostante gli sforzi e le energie finanziarie impegnate, la scienza nata con Galileo non è ancora riuscita a spiegare quali siano le leggi che consentono alla luna di tornare, con matematica certezza, ogni 28 giorni al suo primo quarto, nonostante la sua struttura fisica sia fatta esclusivamente di particelle sub-nucleari, che obbediscono soltanto a leggi probabilistiche. Considerazioni, queste, che oltretutto indussero Einstein a pronunciare, davanti ai seguaci della scuola di Copenaghen di Niels Bohr, la sua famosa frase: “Dio non gioca a dadi”.
Similmente, il Dirigente scolastico ha ipotizzato l’esistenza di uno iato, cioè di una evidente asimmetria, nel sistema educativo italiano tra le mete educative e didattiche, fissate triennio dopo triennio dalla politica nazionale, e gli effetti reali che ne derivano sulle metodologie e sulle tecnologie che gli insegnanti delle scuole pre-universitarie applicano nelle aule con indiscussa competenza professionale, rispettando le prescrizioni contenute nelle linee guida e nelle indicazioni nazionali per il curricolo.
In sintesi: la pubblicistica nazionale non è concorde nel ritenere che gli apprendimenti realizzati in questi anni nelle nostre scuole siano quelli che si attendevano i programmatori nazionali delle finalità generali della scuola pre-universitaria, allo stesso modo in cui Einstein si opponeva alla scuola di Copenaghen, asserendo che, se fosse assolutamente esente da errori la teoria probabilistica dei quanti, la luna dovrebbe percorrere orbite probabilistiche intorno alla terra.
La discrasia fra le attese dei programmatori nazionali del sistema educativo italiano e gli esiti effettivamente riscontrati è stata supportata da qualche citazione del Dirigente scolastico.
“Agli esami di maturità delle scienze umane, un maturando ha impiegato diversi minuti per rispondere alla domanda del commissario di fisica, suo professore di classe, sostenendo che, per tradurre in metri la dimensione di un nanometro, espressa in millimetri, è sufficiente sottrarre tre zeri al numero 1.000.000.000; dire 1miliardesimo di metro è come dire 1 milionesimo di millimetro.
Ad un laureando in economia politica non è sembrato che il giornalista del più famoso quotidiano nazionale abbia sbagliato quando ha scritto che il Giudice dell’Udienza Preliminare aveva comminato 3 anni di reclusione ad un presunto dipendente pubblico concusso; per il neo-laureato, il significato originario del verbo comminare (dal latino minor: minacciare, stabilire in astratto una pena, come fa il codice penale) equivale perfettamente a quello di irrogare ed al suo sinonimo infliggere. In verità, è il codice che commina, mentre il giudice infligge.
E’ nel vero, poi, il Ministro quando afferma che è necessario creare un’osmosi tra istruzione e mondo del lavoro. Il prof. Bianchi ha riproposto, così, l’antico dilemma della scuola italiana, i cui lontani mentori, dal tempo dell’istituzione delle scuole di avviamento professionale, cercano di soddisfare la richiesta delle famiglie e, soprattutto, quella dei giovani, di frequentare una scuola fatta di laboratori e di aule specializzate. I giovani, oltre che la quasi generalità delle famiglie, sembrano convinti che sia necessario disporre di un modello di scuola che consenta un’immediata, redditizia occupabilità effettiva per i diplomati ed i qualificati, più che una scuola che riproponga pari pari gli stessi itinerari compiuti nei secoli dall’uomo e dalla donna per conoscere la storia dei diritti e dei doveri della persona e per affinare le metodologie della ricerca scientifica, della letteratura e delle arti figurative.
La nostra scuola – ha concluso il Dirigente – viene esortata ogni giorno a liberarsi del modello del grande Euclide, che, al calar delle ombre d’un giorno d’una delle primavere ateniesi del III secolo A.C., ad un commerciante che aveva partecipato alle sue prime lezioni di geometria, versandogli in anticipo il corrispettivo, gli fece restituire il denaro dalla sua ancella non appena si sentì chiedere: “Maestro, cosa potrò trarre di utile dai suoi insegnamenti di oggi nel commercio? La geometria non serve per guadagnare, sembrò sussurrare Euclide”.
Interrompendo il suo iniziale silenzio, il titolare della funzione strumentale, docente di diritto e di economia, ha raccontato al Dirigente la sua esperienza recentissima di genitore, chiamato dalla giovane figlia a montare un armadio di legno ben verniciato di lacca, prodotto da una rinomatissima ditta operante in uno dei Paesi scandinavi.
Sono bastate due ore al docente per riuscir nell’impresa grazie ai dettagliati disegni e alle abbondanti note esplicative del kit della famosa multinazionale nordica.
“Non c’è dubbio – ha affermato il docente – che quella meritoria multinazionale ha aiutato migliaia, e forse milioni, di persone a dotarsi, con poca spesa, di un arredo decente, quasi sempre funzionale e, talvolta, anche elegante. Grande merito alla genialità di quell’imprenditore, il quale ha operato una vera e propria rivoluzione dei sistemi produttivi dei beni d’uso domestico, sottraendo il lavoro manuale ai classici fattori della produzione, studiati da me in economia (beni materiali, lavoro, capitale ed organizzazione).
Quella multinazionale ha ridotto, se non proprio espunto dal suo modello produttivo, il lavoro manuale, riversandolo interamente sugli acquirenti dei beni prodotti dall’azienda, i quali, con sempre maggior zelo, si applicheranno nel tinello, armati di cacciavite e martello, per comporre il mobile acquistato. L’azienda ha però conservato, anzi ha incrementato, il lavoro intellettuale (grazie al quale, per ogni oggetto da vendere, ha organizzato un analitico diagramma di flusso, riportandolo nella legenda allegata al kit).
Se la rivoluzione produttiva operata da quella multinazionale sarà adottata in tutti i continenti, come sembra che stia accadendo, non potrà non produrre riflessi macroscopici anche sulla programmazione scolastica e, prima ancora, sulla indicazione dei grandi obiettivi che verranno proposti dai programmatori dei sistemi educativi nazionali”.
Il Dirigente scolastico ha concluso che forse non sarà lontano il tempo in cui, nelle ore pomeridiane, padri e madri accompagneranno i figli non soltanto ai corsi privati di inglese, danza, musica o arti marziali, ma anche alle scuole in cui si insegna la filosofia, la linguistica, la storia, il latino e, forse, anche il greco.