Di Anastasia Maria Pezzuto (studentessa Liceo Scientifico “De Giorgi” di Lecce)
Violenza e molestie non sono questione da sottovalutare al punto da ridurle in slogan “d’effetto”. I fatti recenti avvenuti sui social, in particolare su Telegram, dimostrano che le azioni “emergenziali” su questo fenomeno non solo non funzionano, ma rischiano di confinare il problema solo all’ambito della devianza, della criminalità, della patologia. Tante campagne di denuncia e di sensibilizzazione saturano la comunicazione e banalizzano il problema senza averlo esaminato e valutato con serietà e profondità, creando messaggi fuorvianti.
Le parole sono pietre, macigni che possono fare il bene ed il male, e il male pensando di fare il bene. Talvolta proprio nell’intento di combatterla si agitata la violenza, diffondendo la logica della vendetta e la pratica dell’hate speech che domina ad esempio su Instagram fra le “legioni anonime” di “noi non perdoniamo”, “aspettateci”, “il silenzio uccide la dignità”, “vi stiamo venendo a prendere”, “Pedo Hunters Expect Us”, “Anonymous dichiara guerra a RevengePorn e Pedopornografia”.
Ho iniziato a riflettere sul tema della violenza, delle discriminazioni, degli stereotipi sessisti presenti anche nei media a partire dalla partecipazione ad un bando delle Istituzioni di “pari” opportunità e nella mia scuola.
Il gruppo in cui abbiamo lavorato non ha mai inteso aderire alle modalità in voga e spesso proposte dai contesti che aderiscono alle campagne di denuncia o di sensibilizzazione che restano in superficie.
A partire da quella “occasione” ho imparato a “riflettere” sul linguaggio usato nella comunicazione, ho imparato a guardarmi intorno e a riconoscere ciò che non riconoscevo, le parole che ci opprimono rendendoci mute; le abbiamo scritte sullo specchio, che ci rimanda una non-identità, lo specchio è un non-luogo che si fa reale attraverso le parole, il linguaggio che dice chi siamo. Un luogo in cui rispecchiandoci vorremmo poterci ri-conoscere.
Ho imparato a riflettere attraverso il sapere che parte da donne, studiose del pensiero femminile femminista. Parole di cui ho fatto tesoro, momenti di autocoscienza, di elaborazione, d’incontro e di riflessione con altre della mia classe e della mia scuola.
Il patriarcato come sistema capace di regolare i rapporti fra i sessi si dice non abbia più credito nella mente delle donne, ma questa crisi ha incrementato gli attacchi alla libertà femminile e verso la conquista vera del femminismo che non è nella parità, ma nella facoltà delle donne di definirsi a partire da sé e nella libertà.
Modelli culturali, retaggio di quel simbolico patriarcale, influenzano ancora il pensiero, l’agire, le relazioni sociali e hanno assunto forme “mimetizzate”, stereotipi tanto interiorizzati che non ci permettono più di vederlo distintamente. Il simbolico patriarcale resta presente nelle parole che si usano ispirate a modelli “di genere” che spesso vengono imposti dalla società. Resta nell’idea della parità come spartizione “paritaria” di beni e potere, resta nel linguaggio a noi rivolto spesso camuffato come “scherzo” per attenuare la nostra capacità di ricondurlo alla sua vera radice e di riconoscerne la gravità.
Voglio dire, allora, che la violenza riguarda tutti gli uomini, perché trae origine dalla cultura millenaria del mancato riconoscimento dell’altra come soggetto, che impedisce, fra l’altro, all’autore di violenza di sottrarsi all’immaginario comune della virilità che nega il valore della fragilità nella presunta autosufficienza maschile, impedisce, dunque, agli autori di violenza di sottrarsi a quel gioco di specchi uomo-uomo che da sempre fa della violenza sulle donne una questione “tra uomini”.
Con la rispettosa e corretta “citazione” di “Todo Cambia” di Mercedes Sosa nel nostro elaborato video abbiamo voluto dire che la “sfida” di rendere impensabile la violenza maschile sulle donne nella convivenza sociale *1 si realizza attraverso il cambiamento, di ciascuna e ciascuno di noi, capace di esprimere la propria “potenza” a partire da sé e dalla necessaria consapevolezza.
“Se progredisco nelle mie frammentarie visioni, il mondo intero dovrà trasformarsi perché io possa esservi inclusa.” *2
1 Diotima, La Rivista, n.15, 2017/2018 Per un’altra civiltà dei rapporti e in Insegnare la libertà a scuola
Proposte educative per rendere impensabile la violenza maschile sulle donne
a cura di: Mariella Pasinati, 2017, Biblioteca di testi e studi
2 Lispector C. (1982), La passione secondo G.H., trad. it., La Rosa, Torino 1982. Mambriani G. (2012)
Leggi gli altri contributi del gruppo “Pari, Ma Dis-pari”:
Benedetta Caldararo classe 5A, Liceo Scientifico “C. De Giorgi” – Lecce
Priscilla Eva Rescali classe 5A, Liceo Scientifico “C. De Giorgi” – Lecce
Maria Irma Pezzuto classe 5A, Liceo Scientifico “C. De Giorgi” – Lecce
Sara Persano classe 5A, Liceo Scientifico “C. De Giorgi” – Lecce
Sara Totaro Aprile classe 5A, Liceo Scientifico “C. De Giorgi” – Lecce
Enrica Greco classe 4D, Liceo Scientifico “C. De Giorgi” – Lecce
Alessia Russo classe 4A, Liceo Scientifico “C. De Giorgi” – Lecce