• domenica , 22 Dicembre 2024

 Valutare con successo: consigli, analisi, metodi

di Fabio Scrimitore   

Premessa: la valutazione dei percorsi didattici nella scuola formale

Mal protetti dalle consunte assi di pino della sfortunata Provvidenza, fra le burrasche e le bonacce del mare di Acitrezza, e con il pensiero rivolto alla Casa del nespolo, Bastianuzzo e ‘Ntoni Malavoglia apprendevano da padron ‘Ntoni il paterno mestiere della pesca e il segreto della conservazione delle sardine dello Jonio, allo stesso modo in cui, nelle modeste case dell’ultimo lembo orientale della Penisola, le figliolette delle maestre tessitrici apprendevano come si potessero intrecciare pazientemente, con la sgusciante spoletta fra le dita, i fili della trama con quelli dell’ordito, per farne ruvide lenzuola e confortevoli coperte per grandi e piccini.

Mamme, papà e maestri di bottega insegnavano in silenzio: parlavano, invece, i loro attenti occhi ed i loro accorti gesti. Figlie, figli ed apprendisti imparavano a lavorare e a costruire, senza sapere che stavano frequentando la scuola della prima sapienza, la scuola, cioè, di quel sapere che non era codificato nei libri, né applicato sui quaderni.

Nel silenzio delle campagne, il nonno impartiva, senza saperlo, le prime lezioni di geografia al nipotino, indicandogli le diverse inclinazioni sull’orizzonte del sole a mezzogiorno, e la nonna ne completava intuitivamente le unità didattiche, mostrandogli l’ultima stella del Piccolo Carro nell’alto del cielo di tramontana, e gli parlava delle acque del mar Rosso aperte dal bastone di Mosè, e dello sbarco a Marsala di Garibaldi con Anita.

Non v’era falegname che si limitasse ad insegnare il mestiere dei padri senza dar prova di saper costruire porte e finestre; né vi era sartina che insegnasse alla lavagna come tagliare un vestito, e non desse prova di saper cucire gonne o pantaloni.

Non assegnavano voti ai discepoli, né consegnavano pagelle ogni trimestre, gli antichi precettori di quei mestieri; i titoli professionali li assegnava la vita, quando i capi famiglia commissionavano rifacimenti del mobilio domestico, riparazioni di infissi e confezione di abiti ai soli artigiani che, per costante perizia, se ne fossero mostrati all’altezza

I pedagogisti del XX secolo daranno il nome di scuola non formale a quel mondo di polverose  botteghe artigiane, odorose di resine d’arboree essenze domestiche, a quegli antri ipogei, pregni del fumo di forge, corrusche del rosso dei cerchi di ferro delle ruote dei carri agricoli.

Quando l’insaziabile ansia di distinguere il reale dall’apparente ed il vero dal falso – germogliata d’impeto nei progenitori, fra gli alberi vietati del seducente giardino dell’Eden – suggerì di dare una razionale organizzazione al sapere, liberandolo dalle nebbie del mito ed assegnando il nome di discipline ai diversi e sempre più specializzati ambiti del sapere, la scuola non formale rinunciò al suo antico primato di maestra, ad un tempo, teorica e pratica.

Nelle strutturate aule della neonata scuola formale, l’insegnamento teorico-concettuale cominciò a disgiungersi dalle applicazioni operative delle teorie. Dall’immagine univoca dell’antico maestro di vita, come in un processo di mitosi cellulare, nacquero, da una parte, l’insegnante di teoria, chiamato a dedicarsi quasi esclusivamente alla ricerca pura ed all’insegnamento concettuale e, dall’altra, il maestro, dedito soprattutto all’applicazione, nella concretezza della quotidianità, delle tecniche della produzione dei beni e dei servizi per la persona e per i gruppi sociali.

I nuovi insegnanti di arti e mestieri continuarono l’antica tradizione del maestro di bottega, dalle cui mani operose e dai cui occhi vigili i discepoli, ancora oggi, apprendono, per naturale o voluta imitazione, l’arte ed il mestiere, sempre senza ricever voti e senza ritirar pagelle, perché è alla società esterna alla scuola che continua a restare affidata la valutazione della qualità degli apprendimenti di questa antica scuola tirocinante.

Agli insegnanti, ai quali la società sembra aver assegnato la sola funzione di far acquisire ai discenti gli alfabeti teorici delle discipline formali e le conoscenze che sono ritenute strumentali alle ulteriori specializzazioni disciplinari, la Repubblica chiede di assegnare voti e pagelle.

Intanto, nelle aule accademiche si continua a ricercare metodi scientifici, diversi da quello della valutazione espressa con voti, che possano aiutare chi percorre le verdi vie dell’età evolutiva ad essere pienamente consapevole dei propri punti di forza e di debolezza, e, nel contempo, gli insegnanti a valutare i loro allievi con sempre maggiore scrupolo ed equanimità.

Questo fascicolo vuole essere un contributo ad una riflessione comune sull’attuale validità del processo di valutazione degli apprendimenti delle scolare e degli scolari, delle studentesse e degli studenti delle scuole del primo e del secondo ciclo di istruzione.

Ecco l’indice del Quaderno “Valutare con successo: consigli, analisi, metodi”

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