a cura di Antonio G. Lupo PeccataAntonio Errico
, Manni Editori, 2019
“Tutto è vanità e tutto è soffio di vento”, ricorda Ioannikios, confratello del monastero dell’Altomonte, poiché gli insegnamenti di sapienza sono da cercare “negli occhi delle creature, nella loro felicità, nel loro dolore. In quelle stesse cose cerca Dio”.
Lo sgocciolare del tempo porta con sé il tramonto di passioni vissute, la decantazione di drammi sofferti, sotto la neve bianca e leggera, o vicino a un mare che con la sua salsedine spensiera, mentre scorrono le pagine di un libro dove la storia è smemoranza e incantamento, nel turbinio di vicende esistenziali, fatalmente portate all’estremo dal destino dei singoli personaggi, come nella tensione dell’azzardo di un gioco a dadi.
Si susseguono così racconti di deliri e di speranze, insieme a colori e a suoni palpitanti di vita, sul ritmo dalla melanconica reiterazione di formule espressive dagli antichi echi religiosi, cariche di forte emotività. Personaggi dalla dirompente vitalità si lasciano andare a confessioni, flussi di coscienza: le loro riflessioni diventano monologhi interiori di suggestione fortemente lirica, alternandosi agli slittamenti e ai capovolgimenti di una narrazione dai tratti onirici e visionari.
Tra l’imprevisto e ciò che è ancora imprevedibile, tra la sfida e l’accettazione del destino, si dipanano così le evenienze possibili, in un intreccio sempre aperto alla gamma delle scelte e/o delle condanne esistenziali, tra ciò che è stato (“perché doveva accadere”) o non è stato (“si sbaglia rotta e non accade niente”), e sarebbe potuto accadere
Quella di Antonio Errico rimane una scrittura-pentagramma, una partitura musicale metaforica, aperta a note di intensità sempre variabile e sfumata, a modulazioni lessicali e concettuali graduate in scala, una melodia che ben testimonia la sua grande padronanza linguistica, la sapiente architettura del testo.
La sua prosa lirica “a ventaglio” genera nel lettore una continua tensione, nelle contrapposizioni del dubbio e nelle negazioni che scartano ipotesi, nelle affermazioni che mantengono tutta la loro pregnanza di significato e nei pensieri che si articolano in aggregazioni di varianti accostate.
Riflettendo sulle inattese rivelazioni di ciò che è esistito, e di ciò che è ancora esistente, sulle “giravolte” dei desideri e dello “sprofondo d’angoscia” dei diversi personaggi, il romanzo si snoda attraverso il filo conduttore delle immagini salvifiche racchiuse dalle parole, nell’illusione che, della scrittura, possa comunque rimanere qualcosa nel tempo.