La giftedness è un tema affrontato da decenni in Europa: nonostante le singole iniziative degli Stati membri, manca ancora un approccio legislativo ed operativo comune
di Francesca Rizzo
In ambito europeo la plusdotazione è un argomento affrontato da tempo, con approcci però molto diversi di Paese in Paese.
Tourón e Freeman (2017) individuano nelle istituzioni europee un interlocutore sovranazionale fondamentale per suggerire nuovi input e coordinare azioni comuni agli Stati membri dell’Unione.
Nel 1988 viene infatti fondato lo European Council for High Ability (ECHA), che, nonostante la Guerra Fredda in corso, unisce già insegnanti, genitori, studiosi e portatori d’interesse dell’Europa orientale ed occidentale, in uno scambio di informazioni sull’educazione dei bambini ad alto potenziale cognitivo
Il 1994 è la volta del primo intervento istituzionale: il Consiglio d’Europa detta le raccomandazioni[1] per un sistema educativo che tenga presenti i bisogni dei bambini gifted, i quali “dovrebbero essere nelle condizioni di beneficiare di condizioni educative appropriate, che permettano di sviluppare appieno le loro capacità, a proprio vantaggio e a beneficio dell’intera società. Nessun Paese – mette in guardia il Consiglio – può infatti permettersi di perdere talenti, e sarebbe uno spreco di risorse umane non identificare tempestivamente qualunque potenzialità, intellettuale o di altro genere. Per questo scopo sono necessari strumenti adeguati”. Strumenti che l’autorità individua in una legislazione appropriata, in ricerche applicate per individuare, ad esempio, i “meccanismi del successo”; e ancora, in corsi di formazione per gli insegnanti e materiale informativo per “tutti coloro che hanno a che fare con bambini (insegnanti, genitori, medici, assistenti sociali, ministri dell’istruzione etc.)”. Ma soprattutto, le raccomandazioni parlano di “curricula flessibili” all’interno del sistema scolastico.
Da allora, numerosi Paesi europei hanno avviato iniziative specifiche sotto l’egida dell’ECHA, ad iniziare dall’Ungheria, dove nel 2007 è nato lo European Talent Centre, network di coordinamento dei singoli “talent centers”[2] europei. Nel 2015 erano circa 1.400 i talent centers attivi in 14 Stati europei.
In Italia, al momento, sono sei i talent centers aderenti al network: Fondazione Bruno Kessler di Povo (TN), Gifted and Talented Education di Padova, Italian Association for Gifted and Talented Students di Genova, LabTalento di Pavia, Phronesis Center – Fondazione Eris di Milano, Step-Net di Pavia.
In Europa, sottolineano Tourón e Freeman, “i gifted children non sono più etichettati come emotivamente stressati, ma hanno maggiori possibilità di essere visti considerati persone emotivamente in salute, con abilità uniche che meritano un supporto educativo adeguato”.
Gifted Education in Europe Survey
Nel 2015, i due studiosi hanno condotto un sondaggio online[3] rivolto a insegnanti, tutor, ricercatori e psicologi per cercare di tracciare un bilancio sull’educazione dei gifted children nei diversi Paesi Europei.
Tra gli argomenti inseriti nel sondaggio, la presenza o meno di una definizione condivisa di plusdotazione, di una legislazione nazionale sul tema e di linee guida per gli educatori; i criteri attraverso i quali vengono identificati i bambini gifted; le opportunità offerte ai bambini ad alto potenziale, sia nel contesto scolastico che in quello extrascolastico; la formazione dei docenti e il loro atteggiamento verso l’adozione di misure speciali per la giftedness.
Le 324 risposte mostrano situazioni differenti: il 60,85% dichiara che nel proprio Paese esiste una legislazione a favore dei gifted children; come in Spagna, dove (grazie al Real Decreto 943/2003 e alla “Ley orgánica para la mejora de la calidad educativa” del 20103) la giftedness viene considerata tra i bisogni educativi speciali. All’estremo opposto si colloca la Svezia, il cui sistema educativo è improntato sulla necessità di fare in modo che “nessun bambino si consideri superiore agli altri”: fino ai 16 anni è prevista la stessa formazione per tutti gli studenti; solo negli ultimi anni, nel Paese scandinavo, sono state avviate ricerche sui bisogni dei bambini ad alto potenziale.
Solo il 36,36% del campione dichiara poi di essere a conoscenza di una definizione formale di giftedness. Una percentuale simile, il 36,24% degli insegnanti, si è dichiarata poco disposta a seguire corsi formativi sul tema, perché l’impegno extra-lavorativo non è adeguatamente riconosciuto. Non a caso, il 68,92% degli insegnanti dichiara di non aver ricevuto nessuna formazione speciale sull’alto potenziale.
L’identificazione dei bambini viene attuata con metodi differenti di Paese in Paese, metodi che vanno dalla misurazione del quoziente intellettivo alla considerazione del rendimento scolastico. Altre volte, persino la cattiva condotta diventa un indice, perché, come ha risposto un utente, “i bambini i bambini vengono identificati solo se presentano un comportamento problematico e lo psicologo conosce abbastanza della giftedness per individuarla”
Nei contesti in cui la giftedness viene individuata, l’accelerazione accademica (il salto di classe) è la strategia più comune. La personalizzazione del curriculum formativo non sembra invece incontrare molto sostegno, come la formazione online. Ma è fuori dal contesto scolastico, sottolinea lo studio, che i gifted children trovano maggiori opportunità di crescita: corsi universitari, campi estivi, olimpiadi. Solo nel 31,94% dei casi queste attività (molte delle quali organizzate da enti privati e quindi a pagamento) vengono riconosciuti come crediti accademici per l’istruzione superiore. L’impressione generale che si ricava è che, nonostante i molti passi avanti fatti negli anni, sul tema della giftedness ci sia ancora molta confusione e poca conoscenza effettiva: prova ne è la differenza di risposte, rilevata nello studio di Tourón e Freeman, tra connazionali. Alcuni degli interpellati, appartenenti alla stessa nazione, hanno risposto in modo diverso non solo sull’atteggiamento delle autorità del proprio Paese verso l’alto potenziale, ma persino sull’esistenza o meno di leggi ufficiali sul tema.
Fonti normative
Consiglio d’Europa, raccomandazione 7 ottobre 1994, n. 1248
Fonti bibliografiche
Tourón, J. & Freeman, J. (2017), “Gifted Education in Europe: Implications for policymakers and educators”, S.I. Pfeiffer (Ed.) APA Handbook on Giftedness and Talent, Washington: American Psychological Association (APA), pp. 54-70
[1] http://assembly.coe.int/nw/xml/XRef/Xref-XML2HTML-EN.asp?fileid=15282&lang=en (ultima consultazione: 7 febbraio 2019)
[2] http://www.talentcenterbudapest.eu/talentmap (ultima consultazione: 7 febbraio 2019)
[3] https://drive.google.com/file/d/0B0fNEbrc9iwnYmd3aG0xajNDZXM/view (ultima consultazione: 7 febbraio 2019)