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Elisa Forte: “I bambini plusdotati, una risorsa per l’intera Scuola”

Tra le promotrici della Rete “Alto Potenziale”, Forte collabora con genitori, enti e istituti scolastici per sensibilizzare sul tema della giftedness

Di Francesca Rizzo

 

Come inserire l’alto potenziale nell’agenda della Scuola italiana? In Puglia si è partiti dal basso, facendo rete tra genitori, scuole ed esperti, con l’aiuto di alcune amministrazioni locali. È nata così, sulla base di esperienze e necessità concrete, Rete “Alto Potenziale”. Che ora, a quasi due anni dalla nascita, è pronta a fare il salto, diventando un’associazione a carattere nazionale.

A Scuola e Amministrazione lo ha raccontato Elisa Forte, giornalista, promotrice della Rete insieme a Claudia Cichetti, anche lei giornalista e madre di una bambina plusdotata.

 

L’INTERVISTA

Elisa Forte

Forte, come nasce la Rete “Alto Potenziale”?

La Rete “Alto Potenziale”, costituita ufficialmente a maggio dello scorso anno, nasce per un’esigenza reale di tanti iscritti a Città dei bimbi, associazione di promozione sociale che da circa dieci anni a Bari si occupa di progetti legati alle famiglie, sui vari livelli, come la conciliazione vita-lavoro e l’organizzazione di eventi family friendly. Lo spirito iniziale dell’associazione Città dei Bimbi era far vivere Bari “a misura di famiglia”, facendo scoprire anche luoghi importanti come il Teatro Petruzzelli, il Museo della Scienza, a gruppi familiari che vedevano questi luoghi distanti, preclusi ai bambini.

Nel frattempo alcuni genitori iscritti all’associazione si sono imbattuti nel tema dell’alto potenziale cognitivo dei propri bambini, e perlopiù ad incontrare una serie di difficoltà; genitori come Claudia Cichetti che, pur vivendo a Roma, dunque non in periferia, ha dovuto faticare perché l’alto potenziale di sua figlia, Nina, fosse capito e valorizzato. Inizialmente Cichetti non riusciva a capire come mai, in terza elementare, la figlia fosse divenuta sfidante, secondo alcuni docenti persino maleducata. In un anno la bambina ha incontrato vari professionisti, che le hanno diagnosticato diverse patologie, dall’iperattività alla sindrome di Asperger, ma non hanno mai fatto cenno ad un alto potenziale cognitivo.

Claudia Cichetti ha cercato cocciutamente una soluzione e si è imbattuta nel LabTalento, trovando la sua strada: si è aperto un dialogo tra la professoressa Zanetti e la scuola, il cui dirigente ha accolto la proposta didattica del Laboratorio, e a quel punto è cambiato tutto. Nina è diventata un elemento trainante per la classe: lei ha frequentato due anni, quarta e quinta elementare, in uno.

 

Questa storia, condivisa con altri genitori iscritti a Città dei Bimbi, ha fatto sì che la stessa mission iniziale dell’associazione si modificasse, portando alla nascita della Rete “Alto potenziale”, che oggi comprende, oltre a genitori, istituzioni e associazioni pubbliche e private, 18 istituti comprensivi pugliesi, con i quali è stato avviato un primo percorso.

 

Perché è importante fare rete sull’alto potenziale?

Come associazione Città dei Bimbi abbiamo studiato il panorama italiano sulla giftedness, e abbiamo visto che esistono associazioni di figure specializzate (essenzialmente psicologi e docenti formati sul tema, che erogano a loro volta percorsi di formazione) ed associazioni di genitori che fanno networking, andando alla ricerca di soluzioni per i figli plusdotati. Di fatto, mancava un organismo che mettesse in contatto tutte le figure coinvolte. La Rete “Alto potenziale” è la prima del suo genere in Italia, e si avvale di una direzione scientifica di qualità: quella del LabTalento, unico laboratorio italiano riconosciuto dal Miur per la formazione dei docenti e dal Ministero della Salute per lo screening dei bambini.

I gifted children sono bambini che se non vengono ascoltati e capiti possono diventare ingestibili, a scuola come nel contesto familiare. Sono molto selettivi, magari hanno un ottimo rendimento in due materie e sono carenti nel resto. Sensibilizzare su questo tema è il primo passo, ed è quello che la Rete è chiamata a fare.

 

Quali sono le difficoltà in cui si imbatte un gifted child, o la sua famiglia?

All’interno della Rete abbiamo ascoltato diverse storie, accomunate dalla chiusura dell’ambiente didattico nei confronti di questi bambini. Se un genitore fa presente che suo figlio è un bambino ad alto potenziale, sta innanzitutto manifestando un problema. Un problema che può diventare una risorsa, come nel caso di Nina (la figlia di Claudia Cichetti), che è diventata elemento trainante spingendo la classe a studiare di più per adeguarsi al suo livello, più elevato. Ma ci sono anche casi in cui, e faccio riferimento alla storia di un’altra bambina che abbiamo seguito, i docenti si sentono quasi minacciati dalla preparazione di alunni che leggono molto ed usano comunemente un linguaggio forbito. Questa bambina, inizialmente brillante, ha avuto una vera e propria regressione nel rendimento scolastico; ha poi ammesso lei stessa che, davanti alle prese in giro dei compagni che la definivano una “secchiona”, e ai continui rimproveri della docente, ha preferito, quasi per autodifesa, uniformarsi alla media, sminuendo il suo potenziale.

 

Della Rete fa parte anche un soggetto apparentemente estraneo alla problematica, Confindustria: come mai?

La gestione dei gifted children comporta dei costi per le famiglie. Spesso questi bambini hanno bisogno di supporto psicologico: il loro sviluppo è asincrono, quello intellettivo è accelerato, ma quello emozionale è più lento. Poi ci sono dei test da fare periodicamente: test che la sanità pubblica non eroga e che sono onerosi da effettuare privatamente.

Con la mediazione di Confindustria Bari e BAT, alcune imprese locali si sono offerte di “adottare” dei gifted children, supportando le famiglie e le scuole anche sul piano finanziario. Non solo: il coinvolgimento delle aziende è fondamentale per i ragazzi plusdotati che devono svolgere il percorso di alternanza scuola-lavoro.

 

Oltre a sensibilizzare, la Rete “Alto potenziale” interviene nella formazione dei docenti: in che consiste il progetto pilota “Flessibilità tra i banchi: riconoscere l’alto potenziale nelle scuole”?

Con questo primo progetto, finanziato dalla Regione Puglia e rivolto in primo luogo alle scuole aderenti alla Rete, verranno formati circa cento docenti pugliesi, che diventeranno le sentinelle dell’alto potenziale cognitivo sul territorio. A questi primi insegnanti, gli esperti del LabTalento dell’Università di Pavia forniranno gli strumenti per riconoscere i gifted children. È molto importante imparare a guardare con occhi diversi dei ragazzini che i docenti credono ingestibili, irrequieti, intelligenti ma arresi alla scuola, e iniziare a valutarli.

Queste sentinelle saranno le “antenne” della Rete “Alto Potenziale”, in vista della seconda parte del progetto. Un plauso va alla Regione Puglia, prima regione in tutta Italia a finanziare la formazione dei docenti sulla giftedness.

 

Quali sono i prossimi passi?

Nelle prossime due annualità partirà la formazione mirata nelle scuole: percorsi su misura gestiti dal LabTalento nelle scuole in cui sono presenti bambini gifted, e screening nelle classi per l’individuazione di nuovi casi. Contemporaneamente, la Rete “Alto Potenziale” si allargherà, assumendo una dimensione nazionale. Già a partire da gennaio prossimo si diramerà a Roma, Torino ed in altre città italiane.

Un altro impegno assunto dai partner della Rete è quello di creare un comitato, coordinato dalla professoressa Zanetti, per stilare delle indicazioni operative per le scuole che ospitano bambini ad alto potenziale: in attesa delle linee guida nazionali a cura del MIUR, forniremo ai dirigenti scolastici e ai docenti tutte le informazioni necessarie ad attivare un protocollo per seguire questi bambini nel modo giusto. I docenti nutriti della formazione del LabTalento sapranno come gestirli, e già questo è un passo avanti.

 

Con il coinvolgimento di Universus, il Consorzio Universitario pugliese per la Formazione e l’Innovazione, stiamo anche cercando di ricorrere al fundraising per supportare le famiglie, per organizzare summer camp per gifted children come quelli organizzati dal LabTalento, ed altre attività dirette a questi bambini.

Il progetto finale è arrivare, come in molti Paesi, ad organizzare gli stati generali sulla plusdotazione: incontri a carattere nazionale con cadenza annuale, per capire cosa è stato fatto e cosa ancora ci sia da fare.

 

È possibile ora, per gli istituti scolastici, aderire alla Rete?

Per ora no. Ci sono giunte numerose richieste, anche da altre zone rispetto all’area barese, ed in futuro verrà data questa possibilità, ma per il momento abbiamo deciso di concentrarci sui 18 istituti già iscritti, che ospitano già al loro interno diversi bambini gifted, e che sono già impegnati in un percorso formativo. Le scuole interessate possono comunque scrivere a retealtopotenziale@cittafamiglie.it, spiegando soprattutto la motivazione che le spinge ad interessarsi a questo tema. Proprio in vista di un’apertura ad altre realtà, verrà effettuata una campagna di sensibilizzazione con un video tutorial sul funzionamento della Rete.

Indipendentemente dall’iscrizione alla Rete, ciascuna scuola può comunque chiedere l’erogazione della formazione del LabTalento, autofinanziandosi come hanno già fatto molte scuole in diverse zone d’Italia.

 

Si può tracciare un bilancio di quanto è stato fatto finora?

Fare rete forse è un processo più lento, ma utile. Quello che stiamo facendo è sperimentare un modello Puglia che si candida ad essere una best practice: tutti hanno fatto tanto anche autonomamente, muovendosi nel buio. La rete serve ad unire i tre assi (genitori, scuole, enti) con l’obiettivo comune di sviluppare un processo concreto per i bambini ad alto potenziale.

 

L’INTERVISTA A MARIA ASSUNTA ZANETTI, DIRETTRICE SCIENTIFICA LABTALENTO

IL PUNTO DI VISTA DEL GENITORE: L’INTERVISTA A CLAUDIA CICHETTI

 

 

 

 

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